Mi sveglio alle 4, mentre i pellegrini a piedi stanno preparandosi alla partenza. Dopo poco anche Daniele si sveglia, e non riuscendo più a dormire, decidiamo di partire. Destinazione Viterbo, ultima tappa per lui.
Partiamo quindi, per una volta, molto presto e la differenza si nota subito. Una lunga e ristoratrice discesa ci permette di fare 11 chilometri in poco meno di 20 minuti. Dopodiché arriviamo in cima al paese di Proceno, ed il mio compagno di viaggio buca.
In questo paesello di 300 anime conosciamo Bob l’aggiustatutto (nome di fantasia) che: ci apre l’ostello per i pellegrini, mi fa da cicerone per un paio di minuti, ci permette di gonfiare la ruota con il compressore, raccoglie la spazzatura, taglia l’erba, porta i bambini a scuola e fa anche l’idraulico. Giuro! Facciamo una foto con quest’uomo per noi così provvidenziale e ripartiamo.
Tempo di scendere dal paese e Daniele fora nuovamente. A questo punto controllo la camera d’aria, levo e pulisco il copertone e rattoppo la prima. Sembra tenere, ma mancano 58 chilometri a Viterbo, la maggior parte sterrati.
Procediamo decisi finché una enorme superficie di acqua non si staglia davanti a noi. È il lago di Bolsena. 32 chilometri a Viterbo, solo più una lunga salita. Arriviamo in cima cotti dal sole. Ci fermiamo davanti al convento francescano per fare una pausa all’ombra.
Da qui, resta una infinita strada bianca, sotto ad un sole cocente, a separarci da Viterbo. Approfittiamo di un camion di passaggio per attaccarci per qualche chilometro.
Giunti a Viterbo, ci salutiamo davanti ad un pezzo di pizza ed una birra.
Daniele prenderà il treno per tornare nella sua Firenze, io decido di proseguire per vedere cosa mi aspetta.
Il caldo non da tregua e incontro diversi sali e scendi che mi segano le gambe. Non essendo sicuro di riuscire ad arrivare alla tappa seguente, chiedo un po’ d’acqua ad un signore il quale mi passa una bottiglietta da mezzo litro attraverso il cancello. Lo ringrazio moltissimo.
Arrivo ad un paesello di poche case, chiedo per una fontana. Mi indicano un lavatoio. Mi ci butto praticamente dentro. Faccio il pieno d’acqua e riparto. Ho 5 litri con me, sono le 18:45, sopravviverò!
Alle 19 arrivo a Vetralla dove so che c’è un’accoglienza. Superando una chiesa, c’è un signore che mi guarda e mi dice: “da questa parte!”.
Riconosco sulla porta il simbolo della Via Francigena, sicuramente per lui non deve essere stato difficile intuire chi ero. Il posto è spartano come piace a me, ma molto accogliente.
Mangio cena con il parroco del paese ed un ragazzo francese che sta finendo il seminario. Ci sono anche 2 turisti polacchi che, poveretti, non capiscono nulla dei discorsi fatti dal sacerdote durante la cena. A tratti, ne traduco un paio in inglese per loro.
Videochiamo a casa, riesco finalmente a scrivere due righe, e mi addormento.