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NIGHT #8: Il mio cammino si è quasi concluso

Un uomo ed una donna mi guardano sorpresi. Sulle loro facce una chiara espressione di dubbio.
Chiedo se hanno posto per un pellegrino in bici, per una notte. Mi fanno entrare, dicendomi che c’è già un altro ciclista. Mi fanno fare il giro della struttura e conosco Sergio, l’altro ciclista.

Sergio è un uomo semplice, ha intrapreso il viaggio poco per volta, ha trovato anche lui aiuto ed ospitalità lungo il cammino. Mi racconta del suo viaggio, poi usciamo a guardare le bici, e mi tempesta di domande. Lui non ha molta esperienza, ma cerco di soddisfare la sua curiosità nella maniera migliore possibile.

Prima di cena, c’è un rito che si tiene tutte le sere. Ci si mette in cerchio ed ognuno di noi condivide la sua storia, un momento particolare del cammino, od una esperienza passata.
Siamo in 8 ed ho la fortuna di ascoltare delle storie incredibili. Quella che per me lo è stata più di tutte è quella di un prete, straniero, rimasto vittima di una paralisi parziale. Ha fatto il cammino per dimostrare che, nonostante la malattia, si può e si deve continuare a camminare. Ripensare alla sua storia mi fa capire, ancora di più, quanto io sia fortunato.

La mia esperienza e quella di Sergio, invece, si assomigliano molto. Entrambi la raccontiamo prima in inglese, e poi in italiano. Per chi non parlava italiano (la maggior parte), la direttrice del centro traduceva per loro.

A cena il gruppo si infoltisce. Si uniscono a noi, oltre ad i volontari, anche i pellegrini che sono rimasti più di un giorno all’interno della struttura. Io cerco, più del solito, di parlare un po’ con tutti quelli vicino a me. Spazio dal francese, all’inglese al tedesco in pochi minuti. Traduco per conto di un signore tedesco di Mainz, che vuole parlare con una coppia francese.

Mangio due piatti di pasta, e con la scusa che sono giovane ed ho fatto più chilometri di tutti (in bicicletta) mi fanno finire gli avanzi di cibo che altrimenti andrebbero buttati.
Dopo poco, parlando con uno dei volontari che mi ha accolto, gli chiedo cosa avesse pensato quando mi ha visto entrare dal portone.
Mi dice che di ragazzi giovani se ne vedono pochi, di solito si aspettano persone dai 40 anni in su. Per cui era strano vedermi lì, con la mia barbetta incolta e una bici tutta impolverata.
Ripenso a questo viaggio, ed effettivamente ho incontrato solo due ragazze più giovani di me, entrambe di 23 anni, entrambe partite per un viaggio in solitaria che dopo poco solitario più non lo è stato. Una è proprio qui a Roma.

C’è una bella atmosfera, per cui anche se sono stanco, mi fermo a chiacchierare al fresco in giardino.
Traduco ancora dall’italiano all’inglese per una donna svizzera, che a fine serata mi dirà: “sono 3 giorni che viaggio con questa ragazza, ed è la prima volta che riesco a parlarle, perché io non parlo inglese e lei (Canadese) non parla italiano”.

Tra una chiacchiera e l’altra conosco un po’ meglio una pellegrina ed un volontario. Quest’ultimo, prima di salutarci per andare a dormire ci dirà: “sono 10 giorni che sono qui, e questa è stata indubbiamente la serata migliore”. Questa frase, in altro contesto, forse per chiunque altro, non avrebbe molta importanza. Ma per me ha un peso incredibile. Sono stato artefice, partecipe e spettatore di una delle serata migliori che questo signore ha avuto all’interno del centro.

Vado a dormire stanco e felice.

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