Al mattino mi accorgo di aver dormito in compagnia. Nel senso che dietro di me, e sotto un porticciolo vicino alla strada, ci sono alcune persone di origine marocchina che di giorno lavorano come ambulanti trascinandosi dei carretti pesantissimi sulla spiaggia.
Sono ben equipaggiati, e mentre alcuni dormono in tenda, altri dormono sotto i carretti stessi. Non capisco se per comodità o per paura che qualcuno possa rubarglieli.
Nella notte ha tirato parecchia aria, e me ne accorgo soltanto perché al mio fianco ho una montagnetta di sabbia che si è fermata contro il sacco a pelo.
Rimontato tutto l’equipaggiamento sulla bici riprendo in direzione dei due laghi, quello di Varano e quello di Lesina.
A Rodi Garganico faccio colazione al bar con 1,90€. Si vede che sto per rientrare verso il nord, eppure nel locale c’era un ragazzo con una bella divisa da cantiere.
Ricevo anche la benedizione del parroco del paese: posso ripartire più sollevato.
Supero il lago di Varano senza mai vederlo, e 7 chilometri dopo Torre Mileto mi accorgo di aver sbagliato strada.
Torno indietro perché, stando a Google Maps, c’è una favolosa strada tra il lago di Lesina ed il mare che mi permetterebbe di evitare diversi chilometri di statale.
Percorro una lunga stradina in mezzo a delle casette monofamigliari che danno direttamente sul mare. Inizia a fare caldo, per cui mi fermo anche a fare il bagno. Il tempo di asciugarmi al sole e si riparte.
Dopo qualche chilometro arrivo ad un ponte su di un canale, e un signore alle mie spalle richiama la mia attenzione.
Mi dice che dall’altra parte è tutto deserto, e di tenermi sempre a destra, più vicino possibile al mare.
Convinto, quindi, di poter andar tranquillo dopo qualche centinaia di metri mi accorgo che non è affatto così. La sabbia è così alta che per una bici, con le ruote da strada come la mia, non è agibile.
Non ho altre alternative: sono le 12:20 quando inizio a spingere la bici. Dopo un paio di pause all’ombra e diverse centinaia di metri a braccia inizio a razionare anche l’acqua.
Ad un certo punto mi sembra di essere Aldo, in “Tre uomini e una gamba”. Non posso né andare avanti, né tornare indietro!
Da adesso in poi non ci sono più zone d’ombra a causa della bassa vegetazione di quest’area. La situazione non è delle migliori, ma non mi perdo d’animo.
Sto valutando diverse opzioni che mi permetterebbero di resistere al caldo, ma la mancanza di acqua potrebbe essere un problema. Se mi fermo non ne avrò abbastanza.
Purtroppo, nonostante le tracce per terra che segnano il passaggio di alcune macchine, non c’è anima viva.
In questo momento se incrociassi qualsiasi tipo di veicolo gli chiederei di riportarmi su di una strada, almeno sterrata.
Non ci sono case, né cartelli, né ombra tanto meno acqua. Verifico, ogni volta che posso, il mio avanzamento su Google Maps, anche per capire dove sia la prima abitazione disponibile. Purtroppo sembra che la tipologia di strada non cambi per parecchi chilometri, ma vedo che alla fine, in prossimità di una canale, dovrebbe esserci un circolo sportivo. In questo momento è la mia unica speranza.
Alle 13:30 smetto finalmente di spingere la bici. Ho fatto circa 2 chilometri in più di un’ora. A questo punto provo a risalire in sella, ed ogni 200-300 metri sui pedali me ne faccio almeno 50 a braccia. Proseguo così per diversi chilometri, e la situazione non accenna a cambiare.
Ho le braccia a pezzi perché, per tenere la bici diritta nelle parti pedalate, faccio uno sforzo inaudito.
Ad un certo punto, finalmente, una grossa pianta mi fa ombra. Mi fermo e consulto ancora una volta la mappa. Non dovrebbe più mancare molto.
Dopo pochi chilometri la strada diventa da sabbiosa a sterrata. È il segno che mi sto avvicinando a zone più frequentate, per cui pedalo più deciso.
Finalmente vedo il ponticello del canale, con il bar del circolo e diverse piante che fanno ombra. Mi ci fiondo dentro ed appoggio la bici per terra. Al banco chiedo un litro di acqua che mi scolo in meno di un minuto.
Mi guardo, e dalle ginocchia in giù sono nero come il carbone. Chiedo ed ottengo la possibilità di lavare la bici. Se lo merita la mia piccina, oggi ha fatto un lavoro straordinario.
Il barista mi dice che se voglio hanno anche la doccia lì vicino. Non potrei chiedere di meglio!
Mi fermo per più di un ora e ne approfitto per fare anche manutenzione.
Riparto di buona lena, consapevole che il peggio è stato fatto.
Arrivo a Campomarino dove conosco un paio di ciclisti in tandem, che mi suggeriscono un posto dove avrei passato la notte senza problemi.
Mi mangio una bella bistecca in un localino tranquillo, e mi apposto in una zona periferica dove ci sono solo un paio di camper stranieri a tenermi compagnia.
Sono distrutto, oggi è stata la giornata più difficile in assoluto. Ma ne sono venuto fuori, ed è quello che conta.