Non passa giorno in cui non ascolti almeno due ore di musica: mentre vado a lavoro, quando ho bisogno di concentrarmi, la sera prima di addormentarmi e in ogni viaggio in treno o in metro.
Ti accorgi di esserne dipendente quando stai per partire, o sei a metà tragitto, e ti si spegne il cellulare: “Cavolo, adesso come faccio?”
La maggior parte delle volte sei costretto ad ascoltare i discorsi delle persone che viaggiano nel tuo stesso vagone.
È capitato, raramente, che conoscessi persone davvero interessanti da ascoltare. Ma così di rado che tendenzialmente preferisco estraniarmi.
Eppure mentre sono in sella non riesco ad indossare le cuffiette. Preferisco di gran lunga “ascoltare” ciò che mi circonda. Amo sentire il cinguettio di un uccello, ma anche il rumore delle onde che si infrangono sulla spiaggia. Mi piace ascoltare anche i clacson delle auto, sinonimo del fatto che mi hanno visto e che non sarò investito.
Sarà per questo che da quando sono partito le cuffie sono ancora in valigia. Credo sia un record storico per me.
Durante questo mese di viaggio, solo in un paio di occasioni ho fatto partire una delle due playlist, da 150 canzoni, che mi ero preparato. Entrambe le volte di sera per riuscire ad addormentarmi.
Ma le mie cuffie bianche sono ancora lì: in fondo alla valigia. Hanno assunto un significato simbolico adesso. Il momento in cui le indosserò coinciderà con la fine del mio viaggio. Un viaggio che mi ha permesso di scrollarmi di dosso una delle mie poche dipendenze.