Il nostro ostello ha due camerate. Quando mi alzo per primo ed esco per andare in bagno capisco immediatamente che la nostra non é la più mattiniera. Nell’altra camerata sono già tutti in piedi, con la luce accesa e gli zaini quasi pronti.
Inizio a prepararmi lo zaino, colazione e poi comincio a svegliare i ragazzi uno ad uno. Prima che loro abbiano finito colazione sono già fuori con lo zaino in spalla, pronto a partire. A due chilometri dalla città c’è una fontana che distribuisce vino, per cui insieme ad Andrea, il ragazzo partito a piedi da Torino, e Marion, la ragazza francese, inizio ad incamminarmi. Aspetterò la ciurma con un bicchiere di vino in mano.
Mentre marciamo, dopo pochi minuti dalla partenza, mi viene in mente il famoso detto: “Chi va piano, va sano e va lontano”. Visti i dolori, pressoché ovunque dal bacino in giù, aggiornerei il motto in: “Chi va piano, va solo lontano”. Sano é decisamente un’altra cosa.
Mentre scambio due parole con Marion, incrociamo una pellegrina giapponese che ci viene incontro. L’avevo già vista nei giorni scorsi, e me la ricordo chiaramente perché il primo giorno, a Roncisvalle, era praticamente svenuta in chiesa durante la messa. Ci confida che sta tornando indietro per prendere un bus, perché le sue gambe fanno troppo male e non se la sente di continuare. Sono sempre più convinto che deve essere il Cammino a chiamarti, e non il contrario.
Dopo una paio di chilometri arriviamo alla agognata fontana con due rubinetti, uno di vino e uno d’acqua. Ogni giorno, l’azienda produttrice, mette a disposizione 100 litri di vino per i pellegrini di passaggio. Mi verso due bicchieri di vino mentre aspetto i ragazzi, intrattenendomi con diversi pellegrini, alcuni dei quali ignari di questo miracolo. Una volta arrivata la ciurma, e bevuto il terzo bicchiere di vino alle 8:30 del mattina, ripartiamo. Ubriaco e felice, non ho più alcun dolore. Almeno per il momento!
Procediamo spediti, soffermandoci di rado per scattare qualche foto. Breve pausa ad un bar e si riparte. Inizia la discesa e comincio a perdere terreno dai ragazzi. Voglio cercare di preservare il più possibile la mia caviglia che ancora oggi é gonfia. Li ritrovo un pò più tardi seduti ad un baracchino del bar, ha appena smesso di piovere e siamo baciati dai raggi di un caldo sole. Ne approfitto per fare asciugare bene il k-way e riparto prima degli altri, in maniera da non rallentarli troppo e poter arrivare insieme al prossimo paese.
Procedo tranquillo finché, al termine di una salita, non posso fare a meno di fermarmi per lanciare in aria il drone. Lo spettacolo naturale che mi circonda é da mozzare il fiato. Ettari di campi coltivati, di tutti i colori a vista d’occhio in ogni direzione. Dopo aver fatto le riprese controllo il cellulare. Non c’è campo. E’ stupendo essere immersi nella natura e non essere reperibili. Oramai accade sempre più di rado.
Cammino per qualche chilometro con una ragazza australiana. Parla così velocemente che capisco circa il 60% di quello che mi dice. Fortunatamente ho una buona dialettica per cui, compreso il succo del discorso, mi destreggio egregiamente. Non credo se ne sia accorta.
Arrivo a Los Arcos, e il nostro gruppo mi raggiunge dopo pochi minuti. Dopo un breve dibattito se continuare o meno per altri cinque chilometri decidiamo di restare e ripararci all’ostello dei pellegrini del paese. Con 6€ abbiamo un letto comodo in una camerata enorme. Doccia, vino, e mentre Andrea, Lisa e Silvia vanno a fare la spesa ne approfitto per aggiornare il blog.
Usciamo io Stefano ed Emma per raggiungere gli altri che in realtà si sono fermati al bar in centro. Due bicchieri di sangria accompagnano l’aperitivo, anche forzato dal fatto che fuori é iniziato il classico temporale estivo. Finito di piovere facciamo la spesa per la cena e per l’indomani a pranzo.
Rientrati in ostello, ad un certo punto, Stefano mi guarda e mi dice: “Non mi ricordo queste scale”. Non si rende conto che dormiamo in una altro edificio, per cui tiro fuori il cellulare ed inizio a registrare una scena di ordinaria follia. Va avanti per due minuti buoni cercando la stanza, finché un aiuto insperato lo indirizza verso l’edificio corretto.
Torno indietro e trovo una ragazza polacca sulle scale che mi guarda e mi dice: “Dov’è la nostra stanza?”. Penso di essere in una candid camera, ma non lo sono. Accompagno la ragazza in camerata, e racconto tutto quanto a Stefano. Ridiamo mezz’ora su questo fatto, che ancora non capisco come sia potuto accadere.
Andrea, che di professione é cuoco, cucina insieme a Lisa. A me ed a Stefano l’arduo compito di apparecchiare la tavola e lavare i piatti. Ceniamo tutti insieme e poi a nanna. Domani ci aspetta una tappa da 28 chilometri. Non sarà per nulla semplice.
Ultima birra con Andrea, per concigliare meglio il sonno..
Maddy 6 Giugno 2018
Ammazza Ste, ma quanto stai bevendo? Tra birra e vino miracoloso sei sempre sbronzo!!!
stelyos 6 Giugno 2018 — Autore articolo
Diciamo che non beviamo molto, ma beviamo spesso 😂