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DAY #34: Perros > Portomarin 28km

Il francese che dorme di fianco a me ha avuto la brillante idea di chiudere la finestra perché sennò al mattino ha mal di gola. Poverino. Così noi dobbiamo morire di caldo mentre lui dorme all’interno del suo sacco a pelo e io non riesco a concepire come possa farlo. All’una di notte scendo al piano di sotto per aprire la porta di ingresso e fare un pò di corrente con le restanti finestre aperte in camerata. Spero di riuscire a rinfrescare un po’ la stanza, ma dubito fortemente. Per lo meno, rimanendo in mezzo alla porta, riesco a togliermi per qualche istante l’afa notturna di dosso. Ne approfitto per fare un giro nell’ostello deserto, prima di ritornare al mio letto.

Alle 3:40 il francese si alza e se ne va, e immediatamente mi alzo per spalancare la finestra al mio fianco. Non ne potevo più. Finalmente una brezza leggera mi avvolge scacciando definitivamente la calura afosa di questa parte di Spagna.

Mi sveglio contemporaneamente ad Emma ed iniziamo a preparare lo zaino per la partenza. Poco prima di partire sveglio anche Stefano che ancora non capisco come faccia a dormire con la gente che fa un casino assurdo al suo fianco. Noi iniziamo ad incamminarci, lui ci raggiungerà a breve.

In poco tempo arriviamo a Sarria e subito ci rendiamo conto che l’atmosfera sul Cammino sta cambiando. Alle 8:30 del mattino, facendo un rapido conto, capisco che abbiamo già superato circa un centinaio di pellegrini. Questo perché Sarria, è a poco più di 100 chilometri da Santiago de Compostela. E gli ultimi 100 chilometri sono i più battuti, perché é il minimo per poter ricevere la Compostela di avvenuto pellegrinaggio. Per questo motivo moltissimi pellegrini partono da questa città, per poter dire di aver percorso “un tratto” del Cammino di Santiago.

Percorro la tappa odierna con un senso di claustrofobia molto marcato. Dobbiamo costantemente modificare il ritmo per superare i pellegrini degli “ultimi 100“, e il fatto che ce ne siano davvero molti mi sta letteralmente soffocando. Fortunatamente dopo un pò mi vengono in mente le parole di qualche pellegrino che mi disse che gli ultimi 100 chilometri servono a chi parte da più lontano, per riadattarsi e preparasi al rientro nella società dalla quale si proviene. Ci penso molto ed effettivamente dopo aver trascorso più di 30 giorni in compagnia di un gruppo molto ristretto di persone, alcune volte completamente da solo, ci vuole un periodo di adattamento per non sentirsi del tutto estraniato una volta rientrato in una città come, ad esempio, Milano.

Durante la camminata affronto con Emma discorsi molto profondi e maturi per una ragazza della sua età. Fatico a concepire come una ragazza possa arrivare ad avere delle opinioni così marcate ed approfondite su argomenti molto più grandi di chiunque noi.
Arrivati a Portomarin, troviamo come consuetudine Stefano ad attenderci davanti all’ostello comunale. A questo giro siamo in camerata con Rita, Kevin, Francesca e Lorenzo. Gli stessi ragazzi che ritroviamo solitamente ogni sera in ostello.

Ne approfitto per chiedere a Rita di controllare i piedi di Emma. Faccio quindi da interprete per una buona mezz’ora mentre Rita massaggia e pone domande ad Emma a proposito dei suoi piedi e delle calzatura che usa. Le consiglia, infine, di acquistare una paio di plantari in gel dal sostituire alle solette presenti all’interno della scarpa.
Mentre faccio una lavatrice in comune con una famiglia spagnola conosciuta davanti alle lavatrici, Emma ne approfitta per passare in farmacia a prendere i plantari.

Ceniamo in un locale dove fanno il polipo alla Galiziana, che é così buono che nonostante il prezzo ne prendiamo un secondo piatto. Ci gustiamo questa cena da “ricchi” se paragonata ai classici prezzi dei menù del pellegrino a cui siamo abituati.

Dopo cena mi avvio alla ricerca di un bancomat ed incontro Rita seduta sugli scalini di una chiesa. Mi fermo per ascoltare un pò di musica con lei, mentre mi racconta alcune sue esperienze di vita. E’ una ragazza molto sensibile, dolce e piena di vita. Lo si può facilmente notare dalla luce che ha negli occhi mentre mi parla. Sono veramente felice di averla conosciuta.

Rientrati in ostello c’è già chi si fa notare per il russare. Ma questa sera, complice il fatto che per molti é la prima sera in un dormitorio, si sentono ragazzi fischiare e ridere con la speranza di far smettere il sonoro russare. Ma ovviamente non sanno che nessun rumore può destare un russatore, e che l’unica maniera di farlo smettere é quella di toccarlo o farlo girare.
Un pò sconfortato, prendo il cuscino e mi sdraio su una panca fuori dalla camerata con la musica nelle orecchie. Una giovane coppia francese che incontrai prima ancora di arrivare a Saint-Jean-Pied-de-Port, mi dice che se voglio, nella loro camerata c’è ancora un letto libero, e che la situazione potrebbe essere migliore.

Dopo una buona mezz’ora mi rimetto a letto, sempre con la musica a palla nelle orecchie. So già che questa notte non riuscirò a dormire..

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