Partiamo come al solito io ed Emma per primi. Poco prima di uscire sveglio Stefano, mentre l’altro Stefano (quello che ha preso il mio letto) dorme ancora profondamente. Non mi stupisce che ieri mi abbia detto che una mattina é stato svegliato dopo le 8 da una signora delle pulizie di uno degli ostelli presso il quale si era fermato a dormire.
Come al solito ci fermiamo circa tre volte prima di pranzo. Verso la fine della tappa Emma prosegue in solitaria mentre io mi attardo per fare qualche foto e prendere tutte le deviazioni possibili che incontro lungo il cammino. Ciò mi permette di calpestare qualche sentiero poco battuto e senza la minima traccia di pellegrini.
Mi aiuta molto a diminuire il forte impatto sentito da Sarria in avanti. Proseguo solo fino alla città di Arzua.
Arrivo in ostello e finisco in camerata. Non c’è nessuno dei miei precedenti compagni di viaggio. Mi sistemo sul letto e rispondo a mio papà, sulla chat di famiglia, che non riceveva mie notizie da un pò. Mancano solamente più 39 chilometri a Santiago e mia mamma mi dice che é contenta di sapere che manca così poco alla meta. Mi fa pensare a tutti i chilometri percorsi, e non mi sembra vero di aver quasi fatto 1000 chilometri a piedi in poco più di un mese. Scoppio a piangere come non succedeva da un pezzo, nel letto più alto tra i letti a castello. Non mi interessa degli altri, non mi preoccupa quella ragazza che intenerita mi sta osservando da qualche letto a castello più lontano. Semplicemente inizio a rendermi conto di tutti i metri percorsi un giorno dopo l’altro, un passo dopo l’altro. La fatica, la stanchezza accumulata e il sonno perso iniziano a farsi sentire..
Faccio la doccia, e mentre cerco un posto per mangiare tranquillo incontro Rita, Kevin e Francesca che stanno per registrarsi nell’ostello.
L’hospitalera li piazza nell’ultima stanza disponibile, una piccola camera con dieci letti. Sicuramente meglio della mia camerata da 40 persone. Scambio due parole con i ragazzi e poi mentre loro si sistemano mi avvio verso la cucina dell’ostello. L’hospitalera letteralmente mi insegue per chiedermi in che letto sono, e in un perfetto spagnolo mi invita a pendere posto in camerata con gli altri ragazzi. Non me lo faccio ripetere due volte, levo le tende dalla camerata principale e prendo posto nella camera più piccola.
Mangio qualcosina al volo in cucina per pranzo, faccio due passi in città, scrivo un po’ e poi non perdo l’occasione di andare a messa con gli altri ragazzi. Per cena il classico menù del pellegrino, mentre Rita si porta al ristorante la spesa fatta al supermercato che poi gentilmente condivide anche con noi.
Rientriamo in ostello presto, che domani é il penultimo giorno di Cammino. Siamo davvero agli sgoccioli di questa incredibile avventura..