Non so bene cosa sia a svegliarmi se gli spari, a mio avviso sempre più vicini, o i latrati dei cani da caccia. Fatto sta che smonto tutto alla velocità della luce, e termino di agganciare le borse alla bici sull’altro lato della casetta dell’Enel, per la paura fottuta di beccarmi una pallottola vagante.
Appena rimetto le ruote sulla strada statale, che distava circa venti metri, mi sento un filino meglio. Gli spari non hanno cessato per tutta la notte, ed anche i cani a tratti li ho sentiti molto vicini alla mia tenda.
Al primo bivio vedo due macchine con sopra un gruppo di persone in tenuta da caccia. Ora capisco perché gli ho sentiti sparare continuamente: hanno il ricambio. Fanno a turno, come in fabbrica. Assurdo, penso.
Cerco di rimettermi in pista verso la spiaggia di Is Arutas la meta mancata di ieri ed imbocco subito la strada sbagliata.
Una macchina è ferma sul ciglio della strada e provo a chiedere indicazioni. Scende un ragazzo giovane, avrà la mia stessa età. Con i pantaloni mimetici. Ho l’impressione faccia la guardia, o stesse aspettando qualcuno, fatto sta che mi da l’informazione corretta, anche se poi decido di prendere la strada opposta a quella indicatami.
Arrivo, finalmente, a Mari Ermi la spiaggia prima di Is Arutas. Mi fermo a fare un bagno nelle sue acque azzurro chiaro, e per toccare con mano i famosi chicchi di quarzo tanto decantati sulle varie guide.
Dopodiché riprendo a pedalare superando l’agricampeggio suggeritomi, che altro non è che un appezzamento di terra sotto il sole, in pendenza, con bagni e doccia. Di campeggio ha davvero poco.
Mi fermo per il solito caffè e brioches e fuori dal locale un signore attacca bottone per sapere da dove arrivo. Scopro così che ha lavorato nell’edilizia e mi intrattengo a parlare con lui il tempo che finisca la sua sigaretta. Riparto in direzione Tharros, famosa per la sua area archeologica. E’ su di un promontorio, per cui raggiungo San Giovanni di Sinis e proseguo sin quasi alla fine. Tutta strada che dovrò rifare tornando indietro.
Ad un bivio trovo una cittadina, San Salvatore, che si sviluppa tutta su un cortile interno. In sostanza la case fanno da cinta esterna, ed a meno di non attraversare la casa privata di qualcuno, c’è solamente una via di accesso, oggi sbarrata da una catena. Non scoprirò mai il perché di così tante macchine parcheggiate tutt’intorno. Presumo una festa di paese.
Mentre mi dirigo verso Tharros la mia attenzione viene attratta da due uccelli, di dimensioni diverse. Uno più piccolo chiaro, sta subendo un attacco da un volatile più grande e scuro. Rallento quanto basta per godermi da lontano questa danza meravigliosa, fatta di picchiate, schivate e risalite. Il volatile più piccolo sembra cavarsela abbastanza bene, e denota una certa agilità di manovra rispetto al suo avversario. La sfida si protrae per diversi minuti, e non saprò mai come andrà a finire. Li perdo poco a poco di vista, ma spero in cuor mio che il più piccolo riesca a sfuggire alle grinfie del suo predatore.
Visito il sito archeologico dall’esterno, in quanto una strada sterrata permette di ammirarlo dall’alto, e faccio marcia indietro verso la città di Oristano.
Nonostante l’ingresso alla città è facilitato grazie ad una lunga ciclabile, le strade sono deserte. Oristano è una città fantasma, nessun fruttivendolo è aperto e solamente due bar non hanno le serrande abbassate.
Girando un pò spaesato per le vie del centro, noto due ragazzi in procinto di armeggiare con una bicicletta. Sono indubbiamente due cicloviaggiatori, carichi di borse come il sottoscritto. Mi fermo per chiedere se avessero bisogno di una mano.
Hanno una ruota storta e stanno cercando di raddrizzarla andando a mettere in tensione i raggi che sono completamente lenti.
Mi offro di dal loro un mano e passiamo quasi due ore ad armeggiare con la ruota posteriore di una delle due bici. La coppia di ragazzi è di Berlino, e dopo essere scesi ad Olbia con il traghetto hanno percorso l’Orientale sino a Cagliari. Da lì, visto che la strada da percorrere non era delle migliori, in quanto a traffico, hanno deciso di prendere un treno per Oristano. Ci scambiamo tutti i consigli possibili sul percorso fin lì affrontato con relativi luoghi ove bivaccare lungo la strada.
Li saluto a malincuore, abbiamo trascorso davvero un bel momento insieme.
Riparto in direzione Arborea, cercando di arrivare alla Torre dei Corsari, la meta che mi ero prefissato per oggi.
La città di Arborea vanta una delle piste ciclabili più lunghe e fighe mai percorse sin’ora. Lo scopro per pure caso, quando pedalando a bordo strada, noto il cartello di inizio pista ciclabile.
Mi ci fiondo a capofitto, e scopro così che non solo c’è un percorso ciclopedonale lungo dieci chilometri, completamente in piano, ma anche completamente all’ombra. Sono euforico, pedalo ad un ottimo ritmo nonostante oramai le mie gambe siano a pezzi. Infatti dopo i dolori alle ginocchia che a poco a poco sono andati via, ora ho entrambi i tendini di Achille infiammati, e per questo non c’è più nulla che possa fare oramai.
Affronto l’ultima salita della giornata prima di giungere stanco, ma soddisfatto, ai piedi della torre. Mangio cena osservando il sole sparire lentamente oltre l’orizzonte sul mare. Come me, una decina di persone è giunta qua per lo stesso motivo.
Scrivo il resoconto delle giornate passate, prima di accamparmi sotto la torre, sotto una volta stellata da paura. Quanto sto per crollare dal sonno ho ancora la fortuna di poter osservare almeno quattro stelle cadenti. Più fortunato di così!