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DAY #9: Sant’Angelo > Teulada 85km

Mi sveglio poco prima dell’alba, guardo l’ora e penso:
– Dai, ancora cinque minuti –
Chiudo gli occhi e quando li riapro sono da poco passate le sette! Cavolo!

Smonto tutto un pò di fretta e riparto. Come sempre prima di ricominciare faccio un ultimo giro di sopralluogo per verificare di non aver lasciato nulla indietro, rifiuti e non. Non è raro per me, portarmi dietro per decine di chilometri il sacchetto dei rifiuti finché non trovo il giusto bidone per fare la differenziata.

La discesa fino ad Iglesias procede speditamente. Mi fermo al primo bar della città che incontro sul cammino per fare colazione, e scambiare le solite due chiacchiere con il barista di turno.
Devo attraversare la città e sul limitare opposto a quello in cui sono entrato trovo il classico fruttivendolo a lato della strada e mi fermo per comprare un pò di frutta.
Sbaglio strada e me ne accorgo solo qualche chilometro in ritardo. Mi tocca per cui tornare indietro quasi al centro del paese, perché è attraversato dai binari ferroviari e di sovrapassaggi ce n’è solo uno.

Oggi voglio arrivare a Sant’Antioco, e proseguire un filino oltre. Domani, se le gambe reggono, potrei provare a raggiungere Cagliari. Ho appuntamento con il mio migliore amico la sera successiva, ma se riesco arrivo il giorno prima.
Siccome il dolore ai tendini persiste, controllo costantemente la strada con il minor dislivello possibile. Mi aspettano ancora parecchi saliscendi, e vorrei cercare di limitare il dislivello per quanto possibile.

La strada che percorro é nell’entroterra e non é degna di nota. A pochi chilometri da Sant’Antico però incontro una bella ciclabile, tutta dritta, che arriva sino a poche centinaia di metri dal centro. Corre su quello che una volta erano i binari di una vecchia ferrovia, ed è apprezzabile il fatto che, sul tracciato, siano presenti numerosi punti di sosta per i ciclisti ed i pedoni.

Entro nel centro cittadino, mi fermo presso un negozio di bici per chiedere informazioni a proposito della strada che poi dovrei percorrere per proseguire verso sud. C’è un bel sentiero che attraversa le saline, ma è segnato per i pedoni, e non vorrei trovarmi costretto a spingere nuovamente la bici a braccia.
Il titolare mi tranquillizza, dicendomi che al massimo c’è un tratto di strada sabbioso, ma non è lungo più di un chilometro.

Mi fermo per mangiare le ultime pesche rimaste, mentre osservo una coppia di pescatori appena rientrati con la barca, nell’intento di districare la rete e togliere tutti i pesci catturati. Di tanto in tanto qualcuno arriva, ed uno dei due si interrompe dal raccolto per andare a pesare la quantità di pesce richiesto. Sull’altro lato della strada che costeggia il porticciolo infatti, in un garage, hanno tutto il necessario per la pesca, compresi contenitori per il pesce e la bilancia professionale.

Riprendo a pedalare sul lungomare, e mi fermo ancora un buona mezz’ora all’ombra di alcuni grossi alberi, sul limitare della città. Fa davvero molto caldo, e ne approfitto per chiudere gli occhi una manciata di minuti.
Riprendo a pedalare lungo le magnifiche saline di Sant’Antioco. I colori dell’acqua spaziano dal blu al rosso, per finire nel centro di raccolta dove enormi camion vengono caricati con delle ruspe, ed il sale grezzo bianchissimo, viene mandato chissà dove per le lavorazioni.

Alla fine non troverò tratti in cui spingere la bici, e proseguo attraverso piccoli paesi rurali, viti d’uva nera ancora non raccolta e campi di albero da frutto cintati da un fine rete metallica.
Per un brevissimo tratto percorro un percorso cicloturistico che collega vigneti e piccoli paesi della zona, finché non inizia, sulla mia destra, una rete metallica con filo spinato in cima.

Non vedo cartelli, ma le sembianze sono quelle di una base militare. Percorro diversi chilometri, finché non verifico online e scopro così che sto fiancheggiando una ex base militare NATO. Scoprirò qualche giorno più tardi che é uno dei poligoni a cielo aperto più grandi d’Europa. Il secondo per la precisione. Attualmente la base militare é sotto inchiesta per disastro ambientale dopo che abitanti della zona e militari di leva hanno denunciato la comparsa di leucemie ed altri tipi di tumori.
La base é gigantesca, ed effettivamente avrò pedalato al fianco del filo spinato per un’ora abbondante.
Attualmente un’accesso é stato dedicato alla Spiaggia delle Dune Bianche di Porto Pino, qualcosa di selvaggio e suggestivo, nonostante la storia di questo luogo racconti qualcosa di diverso. Basta una ricerca online per scoprire quanto agghiacciante sia stata la gestione della base, soprattutto a riguardo delle scorie militari, radioattive e non, che non sono mai state bonificate, ma accumulate e circoscritte tutte in un piccolo promontorio chiamato Capo Teulada, ora “off-limit” per persone e mezzi.
Al di là del filo spinato comunque, alcune vecchie abitazioni sono state recuperate e riutilizzate, mentre sul finire della base persiste ancora una caserma dell’Esercito Italiano tutt’ora operativa.

Supero la base ed mi dirigo verso una strada secondaria. Sul tracciato incontro un gruppo di tre persone, che stanno raccogliendo dei frutti da un cactus. Ne ho visti migliaia in questi giorni, e mi invitano a raccoglierne qualcuno con loro, perché tanto abbondano. Mi fermo incuriosito, e scopro così che sono fichi d’India. Una signora del gruppo mi mostra gentilmente come raccoglierlo senza farsi infilzare dalle spine, e come aprirlo per poter gustare il dolce contenuto del frutto. Ne apro per cui uno sotto l’attenta supervisione della signora, e solo dopo che ho soddisfatto le sue aspettative, mi vengono consegnati gli strumenti per poter raccogliere i frutti in maniera autonoma: due bicchieri di plastica e dei fogli di giornale.

Poco più avanti vedo l’indicazione di una chiesetta. Già ne avevo incrociata una questo pomeriggio, del XII secolo, ristrutturata ed in una zona ideale per un campeggio libero. Per questo motivo devio leggermente dalla strada asfaltata e percorro poche centinaia di metri per giungere in cima ad una collinetta interdetta alla auto.
Sulla sommità sorge una splendida chiesetta, con un porticato ed una torre di fronte, completamente circondata da arbusti a donare al luogo la giusta privacy. E’ il posto perfetto per la notte, tra poco il sole tramonterà ed ho tutto il tempo per cuocermi una pasta mentre monto la tenda. Per una sera non devo correre dietro alla luce del sole, e posto gustarmi con tranquillità la mia pasta al tonno e spezie.

Dormo sonni tranquilli cullato dai campanacci delle pecore in lontananza e qualche cane che abbaia di tanto in tanto.

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