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DAY #13: Costa Rei > Gairo Vecchio 95km

Alle cinque e trenta sono già sveglio, ma mi giro dall’altra. Sono stanco, e chiudo gli occhi ancora qualche minuto. Alle sei è ora di alzarmi e iniziare a preparare.
Sistemo le borse per bene e tiro fuori l’impermeabile. Le previsioni danno pioggia, è giunta l’ora di bagnarsi.

Saluto Simone, mi mancherà. Chissà quando riusciremo ad incontrarci di nuovo. Con un pò di malinconia mi rimetto sui pedali. Questi due giorni di stop mi hanno aiutato molto, le gambe vanno meglio, i tendini danno solo più qualche raro segnale di stanchezza. Ed il tempo trascorso con il mio migliore amico, che non vedevo da un anno, è stato impagabile.

Sono riposato, con il pieno di acqua e l’obiettivo di oggi è Gairo Vecchio.
E’ un paese abbandonato nel 1951 dopo che, dalla fine dell’Ottocento, violenti nubifragi provocarono numerose frane e smottamenti, rendendolo di fatto non sicuro.
Fu così che non trovando un accordo su dove ricostruire il paese, Gairo si divide in tre: Gairo Sant’Elena, il nuovo paese costruito poco sopra Gairo Vecchio; Gairo Taquisara un grazioso villaggio di trecento abitanti e Gairo Cardedu – conosciuto semplicemente come Cardedu – costruito sulla piana vicino al mare.

I primi chilometri scorrono veloci, sono praticamente tutti i piano e giungo dopo venticinque chilometri a Muravera. Finora solo qualche sporadica goccia di pioggia mi ha raggiunto, nulla di cui preoccuparsi. Mi fermo per recuperare un pò di cibo per pranzo in una panetteria del centro.
Qui incontro un gruppo di ciclisti con relative Mountain Bike completamente ricoperte di fango. Arrivano dal centro della Sardegna, e stanno tornando indietro percorrendo, com’è ovvio, solamente strade sterrate.

Fin da quando sono partito, sono stato rincorso da nuvoloni scuri e minacciosi, e di tanto in tanto un tuono mi spronava a spingere maggiormente su questi pedali.
Da Muravera a Tertenia proseguo speditamente su di una strada statale a basso scorrimento, infatti a lato è presente la nuova variante più moderna e spaziosa che permette alle autovetture di viaggiare a velocità più sostenute.
Ad un certo punto, mi fermo sotto una pianta per mangiare un boccone di focaccia ed inizia inesorabilmente a piovere.
Mi metto il k-way, e riparto sotto qualche gocciolina di pioggia. Dopo poche centinaia di metri la pioggia si fa più forte e mi fermo qualche minuto sotto un cavalcavia della superstrada che scorre di fianco al mio percorso. Numerose motociclette mi scorrono davanti agli occhi, quasi tutti co uno sgargiante impermeabile giallo fluorescente – come il mio – impossibile da non notare da lontano.

Riprendo quando la pioggia sembra aver mollato un pochino, ma non riesco comunque a raggiungere la città senza essere completamente bagnato. Nonostante l’impermeabile infatti, la sudorazione corporea rende bagnato anche il suo interno.
Fortunatamente con i sandali e i pantaloni corti non mi preoccupa più di tanto avere le gambe bagnate.
Mi fermo ancora in un paio di occasioni, sotto la veranda di un bar chiuso causa Covid, piuttosto che sotto piante e ricoveri di fortuna. Le persone pedalano in qualsiasi condizione atmosferica, non sarà di certo un pò di pioggia a fermarmi.
Dopo altre ore di pedalate arrivo infine al bivio per Jerzu, il punto oltre il quale si ricomincia a salire. La pioggia non mi ha dato tregua e mi fermo sotto un terrazzino di una casa disabitata, a lato della strada.

Osservo svogliatamente il via vai di gente al bar dell’angolo a pochi passi dal riparo sotto il quale mi trovo. Ne approfitto per aggiornare il blog e rivedere gli appunti fin qui raccolti. Quando la pioggia si è quasi diradata, metto via il k-way e risalgo sulla bici.
Mancano solo più quindici chilometri a Gairo, è ora di iniziare a cercare un riparo per la notte.
Poco più avanti incontro il paesino di Osini, il quale ha una chiesa un pò sperduta, chiamata Chiesa Campestre di San Giorgio. Dalle immagini presenti su Google Maps posso vedere che ci sono delle grotte in zona, il che sarebbe l’ideale nel caso la pioggia dovesse ricominciare a scendere abbondantemente.

Mi dirigo alla ricerca di questa chiesa, e sbagliando strada riesco comunque a giungere sotto di essa. Passo due volte sulla piazza centrale del paese, dove una manciata di anziani mi osservano come se avessero appena visto passare un fantasma. O probabilmente un pazzo.
L’ultimo sforzo prevede di spingere la bici per una ventina di metri su di una ripida salita. Arrivo alla chiesa e faccio un giro del perimetro, individuando qualche metro più distante un’area picnic un pò trasandata, e le fantomatiche grotte.
Monto sotto una di esse, che ha le giuste dimensioni per ospitare al millimetro la tenda. Scende il buio e sull’altro lato della vallata posso vedere Gairo Vecchio, tutta buia, e Gairo Sant’Elena poco più in alto e totalmente illuminata dalle luci dei lampioni stradali.

Mi metto a dormire, come sempre sotto le stelle, ma con qualche nuvolone in lontananza e la minaccia di pioggia sempre incombente. Ma sono al coperto, nulla potrà sconfiggere la mia stanchezza.

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