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DAY #15: Orgosolo > Cala Liberotto 80km

Mi sveglia il transitare di alcune macchine dirette più in basso a fare rifornimento di acqua dalla fonte.
Smonto un po’ di fretta, voglio fare colazione in centro a Orgosolo, città consigliatami da più persone. Percorro gli ultimi tre chilometri in discesa e sin da subito si possono notare murales e scritte praticamente ovunque sui muri delle case.
Mi fermo nel primo bar aperto che trovo, la città mi pare abbastanza deserta, ma sono solo le sette e quarantasei. Cappuccino e brioche mi danno il coraggio per fare due domande al titolare del bar.

Chiedo se è vero che non è possibile fare le foto ai murales, e per tutta risposta esclama:
– E chi l’ha detto? Ma ci mancherebbe altro!
Rincuorato mi fermo di fronte a tutti i principali murales a fare foto e video. Alcuni mi suscitano sentimenti profondi, in quanto toccano tematiche particolari, dalla sanità alla mancanza d’acqua per non farsi mancare temi politici e storici. I disegni sono ben distribuiti sulla maggiore parte delle case del paese, ed attraversarlo è davvero un piacere.

Poco alla volta i vari negozi aprono e la vita della città si fa sempre più movimentata. Mi toccherà aspettare sino alle nove e trenta per poter trovare un negozio con alcune cartoline e qualche ricordo di viaggio.
Riparto dopo aver fatto per l’ultima volta la via principale del paese, sempre con il naso all’insù per essere sicuro di non aver dimenticato nessun murales.

La strada sino ad Oliena è una splendida strada di campagna. Ad un bivio un fuoristrada si ferma per chiedermi se mi sono perso. Gli spiego la direzione nella quale volevo andare e subito mi dice che un ponte è crollato, e che devo prendere la scorciatoia sterrata che avevo adocchiato in precedenza. Mi rassicura che non avrò problemi con la bici, per cui non me lo faccio ripetere due volte.
La strada sterrata è in discesa ed è un po’ spaccata dalle acque piovane. Sul tragitto, più avanti, incontro diversi greggi di pecore al pascolo in ampi recinti. Da uno di essi, ad un certo punto, si stacca un cane pastore che mi corre incontro abbaiando all’impazzata. Non faccio in tempo a preoccuparmi di capire se è tutto chiuso o meno, che i cani diventano due, e subito dopo ne sbuca un terzo. Poco più avanti, dietro un grosso albero c’è il cancello di ingresso al recinto, che fortunatamente è chiuso. I cani si limitano ad abbaiare con il muso a pochi millimetri dalla rete del cancello, senza provare ad oltrepassarlo in alcun modo.
Nel complesso non ho difficoltà a superare questo tratto di strada ed a raggiungere il centro abitato di Oliena.

La città si sviluppa completamente su di una collinetta, e vi arrivo in cima che è quasi ora di pranzo. Perdo mezz’ora buona a cercare una panetteria: la prima che avevo adocchiato infatti sembra non esisti nemmeno più.
Mi fermo a mangiare un pezzo di focaccia su una piccola piazzetta, con una fontana, all’ombra di quattro alberi.
Ci sono dei ragazzi che giocano a rincorrersi tirandosi addosso gavettoni d’acqua. Uno di loro prende coraggio ed inizia a chiedermi da dove arrivo. Allora tutti si fermano per ascoltare la mia risposta.

Sono stupido dalla semplicità di un ragazzo nell’attaccar bottone. Io a trent’anni ci metto dieci minuti per fare una stupida domanda al barista di turno.

Riprendo a pedalare con il caldo ma anche il pieno d’acqua. La strada è un lungo rettilineo senza ombra per diversi chilometri. Arrivo ad un bivio e devo scegliere quale direzione prendere. In un fosso lì vicino c’è un pò d’ombra, al riparo di una grossa pianta.
Faccio due passi nell’erba pestando bene i piedi per non rischiare nuovamente incontri ravvicinati del terzo tipo.
Mi siedo su un sasso con la bici sul cavalletto di fianco a me.
Il cellulare non prende (non prende quasi mai in Sardegna, quando ne hai bisogno) percui non resta che affidarmi al caso. Se non ricordo male, quando avevo adocchiato i dislivelli, questa mattina, la strada di sinistra era più semplice.

Mi rialzo e spingo la bici per superare senza troppa fatica l’incrocio. Una volta sull’altro lato mi rimetto in sella, ma un furgone bianco sopraggiunto da dietro si ferma, ed il signore al volante mi chiede, in inglese, se va tutto bene. Sorrido di cuore, e lo ringrazio, rispondendogli che sì, va tutto bene. Mi stavo solo sgranchendo le gambe.

Proseguo con davvero minimi dislivelli, ad un buon ritmo. Quando inizia a fare davvero caldo mi trovo all’ingresso del paesino di Galtelli e mi fermo un’oretta su di una panchina all’ombra. Oramai restano pochi chilometri alla metà di oggi, non ha senso svenarsi con sto caldo.
Riprendo quando la temperatura mi sembra più confortevole, e continuo a pedalare in direzione di Orosei.
Entro nel paese con una salita, ma poi lo taglio di netto a metà senza spingere sui pedali.

Ci sono un paio di campeggi, qualche chilometro più avanti, e penso di fermarmi in uno di essi. Taglio ancora un pezzo di strada, rispetto alla 125, percorrendo una bella strada bianca con alcune villette vista mare.
All’altezza di Cala Liberotto svolto a destra e mi dirigo verso le spiagge.
Una gelateria attira la mia attenzione e ne approfitto per un gelato, chiedere quale dei due campeggi fosse il migliore e per un timbro sulla credenziale.
I due campeggi sono sulle estremità di un promontorio, e la gelataia mi suggerisce il primo – quello più vicino – perché a suo dire la sabbia della spiaggia su questo lato le piace di più.

In pratica, il primo campeggio più vicino è anche quello con la spiaggia più bella. Perfetto, non potevo chiedere di meglio.
Arrivo di fronte al campeggio che sono le cinque e trenta, e siccome non voglio ancora preparare tutto per la notte, tiro dritto e mi butto in spiaggia.
Mi mangio un paio di pesche in riva al mare, mentre aspetto che il sole scompaia dietro le colline alle mie spalle.

Faccio giusto un bagno, dopodiché mi dirigo verso la reception del campeggio. Il ragazzo che mi accoglie vorrebbe che andassi a controllare se gradisco il posto ma gli comunico:
– Mi serve un posto in piano, ancora meglio all’ombra, ed una doccia, anche fredda. Se il campeggio soddisfa queste caratteristiche non ho bisogno di sapere altro. Pedalo da quattordici giorni, sono in modalità risparmio energetico, perdonami –
Ride anche lui, e prende la mia carta di identità per il check-in. Espletate le formalità mi accompagna a scegliere il posto, ed effettivamente facciamo si e no dieci metri a piedi. Noto con piacere esserci un altro cicloviaggiatore in modalità bikepacking (se non sai cosa sia, leggi qui), anche se non è presente nei pressi della la sua tenda.
Scelgo quindi di accamparmi a qualche metro di distanza dall’altro ciclista, saluto e ringrazio il ragazzo ed inizio a preparare il terreno per montare la tenda.

Doccia, cena a base pesce nel ristorante del campeggio, mentre decine di zanzare mi morsicano dappertutto, e finalmente a letto.
Domani solo più una cinquantina di chilometri mi aspettano, posso iniziare a rilassarmi e godermi a pieno questi ultimi giorni.

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