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DAY #7: Vipiteno > Ortisei 70km

Il mattino dopo riprendo per la prima volta senza la pioggia, da quando ho lasciato Milano.

Prima di partire mi informo, presso la reception, se la strada per Bressanone è aperta. Ieri sera infatti, rientrando dal locale presso il quale ho cenato, ho notato diversi lampeggianti sulla strada. La signora, nel restituirmi i vestiti nella stessa borsa  nella quale glieli ho lasciati, mi dice che non ci sono problemi lungo la strada. Mentre ritorno in stanza osservo i vestiti e li annuso. Non sono stati lavati e sono ancora un po’ umidi. Ho praticamente pagato per niente. Ma soprassiedo e non dico nulla.

Eppure a colazione c’era un gruppo di ragazzi che sembrava decisamente far parte di un cantiere stradale. Vabbè, porto tutto l’equipaggiamento nello ski room, e preparo la bici. Oltre la mia se n’è aggiunta un’altra, di bici. Ritorno nel ristorante per riempire la borraccia d’acqua prima di ripartire e vedo che è arrivata a fare colazione una ragazza entrata in hotel poco dopo di me. Le chiedo così se la bici fosse la sua, quasi certo della risposta affermativa. Mi dice che anche lei si è beccata tutta l’acqua della giornata di ieri e mi chiede alcune informazioni sul tracciato da lì ad Innsbruck, sua destinazione finale.
La rassicuro che fino al Brennero è molto bella, e le confido che eviterei i tratti sterrati che dal Brennero scendono verso Innsbruck. L’ultimo sopratutto, quello che ho fatto ieri a salire, non è molto divertente. Lei mi dice che pensava infatti di percorrere tutta la statale, e che grazie al mio feedback ora non ha dubbi. Ci salutiamo e ritorno alla mia bici. E’ ora di andare, questa mattina dovrei riunirmi alla coppia francese.

Percorro nemmeno un paio di chilometri che dei lavori in corso non mi permettono di proseguire. Il mio percorso ciclabile prevede l’attraversamento di un sottopassaggio ferroviario, che è stato allagato a causa delle forti ed incessanti piogge dei giorni scorsi. C’è un ragazzo dei Vigili del Fuoco a presidiare la strada di accesso al sottopassaggio, per cui decido di proseguire sulla statale alla ricerca di un altro sottopassaggio o meglio ancora di un sovrapassaggio. Nella città seguente c’è un sottopassaggio pedonale, ci metto un po’ a trovarlo e scopro a malincuore che anch’esso è stato chiuso causa allagamento. Mentre sto girando su me stesso, un signore mi chiede se avessi bisogno, e ne approfitto per chiedergli se c’è un modo per passare dall’altro lato.
Mi risponde affermativamente, indicandomi la strada precisa per raggiungere un sovrapassaggio che dista poche centinaia di metri. Finalmente una buona notizia. Riesco quindi a passare sull’altro lato della ferrovia ed a riconnettermi con la pista ciclabile.

Alcuni tratti della ciclovia sono stati allagati dall’esondazione del fiume Isarco. Ad certo punto un ruscello esondato ala mia destra si butta dritto sulla ciclabile. C’è una discesa, in fondo alla quale la strada curva a destra, non vedo cosa c’è dopo. Percorro la discesa lentamente, alcuni grossi sassi sono stati trascinati sulla pista dall’irruenza dell’acqua. Arrivo in fondo alla discesina e rimango interdetto: la pista è scomparsa! Al suo posto c’è solo acqua marrone. A destra un campo di grano con il mais oramai alto. A sinistra la recinzione dei binari di una ferrovia. In mezzo solo acqua. Mi guardo indietro, ed osservo impotente l’acqua che viene giù dal fianco della montagna e la discesa che ho appena percorso.

Fermo la bici, e faccio due passi a piedi. Mi mantengo al centro di quella che dovrebbe essere la ciclabile. Sento l’asfalto sotto di me, buon segno. Proseguo, l’acqua sale improvvisamente sopra il mio ginocchio. E’ ghiacciata. Con i piedi avverto alcuni sassi, che sposto con la suola del sandalo. Ovviamente non vedo nulla di quello che c’è sotto al livello dell’acqua per cui procedo con estrema cautela. L’acqua sale, fin ad arrivarmi al cavallo dei pantaloni da ciclista.
Ho percorso si è no un centinaio di metri, e sono solo a metà. Continuo lentamente, avvicinandomi all’altra sponda. Sembra transitabile, rimane il dubbio se smontare le borse o meno. Controllo a che altezza arriverà l’acqua, confrontando la mia gamba bagnata vicino alla bici. Praticamente oltre metà bici finirà sott’acqua, e con essa una parte delle borse. Le borse sono di ottima qualità, una marca tra le migliori nel settore dei viaggi in bicicletta, e vantano un’impermeabilità assoluta: è ora di testarla. Come se la pioggia costante dei giorni scorsi non fosse bastata.

Spingo la bici nell’avvallamento e man mano devo fare sempre più forza per contrastare la resistenza dell’acqua. E’ davvero ghiacciata e non vedo l’ora di risalire dall’altra parte. Finalmente l’acqua inizia a scendere, finché non ritorno sull’asciutto. Tolgo qualche rametto incastrato tra il cambio e riparto.

Dopo pochi minuti un ciclista mi viene incontro nell’altro senso di marcia e facendogli segno di fermarsi accosto di fronte a lui. Gli spiego com’è la situazione e gli mostro la situazione in cui versa la strada (della quale ho fatto un breve video). Scoppia a ridere di gusto e decide di prendere la statale, per non finire a mollo come il sottoscritto.

Nel frattempo la coppia francese mi scrive che sono praticamente pronti a partire. Condivido con loro la mia posizione su Whatsapp, anche se sono parecchio distante, dovrei riuscire a raggiungerli in poco tempo. Mi comunicano che aspetteranno ancora qualche minuto, per permettere all’attrezzatura di asciugarsi per bene.

Arrivo fino a Bressanone dopodiché la ciclabile è a tratti interrotta. Non ha senso proseguire seguendo le numerose deviazioni per cui mi butto sulla statale fino a Chiusa.
Mancano due chilometri al punto di incontro con i ragazzi francesi, mi fermo nell’ultimo bar per prendere due caffè e due brioches. Mi presento così, con un po’ di caffè in una borraccia e due brioches in un sacchetto, scusandomi per il ritardo a causa degli allagamenti.

Partiamo in salita, lentamente ma con ritmo.

Facciamo tre pause prima di arrivare ad Ortisei dove loro hanno contattato, in precedenza, un ristorante dove poter lasciare le bici e fare una camminata sulle alture che circondano la città. Mentre aspettiamo il titolare del locale, uno dei ragazzi che lavorano nel ristorante ci porta tre birre medie. Beviamo con calma, tanto per oggi non abbiamo più grossi programmi.
Antoine mi chiede se voglio andare con loro in cima alla montagna. Me l’aveva già chiesto in mattinata e ci avevo pensato un pochino durante la salita in bici per arrivare ad Ortisei. Ma non avendo le calzature adatte, né uno zaino, non me la sarei sentita di andare. La tentazione rimane forte, ma oramai ho deciso. Mi cerco un posto dove passare la notte, nell’attesa del loro ritorno in città il giorno successivo.

Mangiamo una pizza insieme e poi ci dividiamo, loro con un grande zaino in spalla in direzione cabinovia. Io, bici a spinta mi fermo prima a lavare i vestiti, in una lavanderia automatizzata. Nel frattempo trovo una fontana d’acqua e faccio approvvigionamento, ero completamente a secco. La fontana si trova nei pressi un pacchetto pubblico, nel quale è presente anche un campetto da calcio. Alcuni ragazzi vengono a bere, e ne approfitto per chiedere loro se conoscono un buon posto per passare la notte in tenda, facilmente raggiungibile con la bici. Mi dicono alla Chiesa di San Giacomo. Li ringrazio, e controllo su Maps dove si trova.
Il posto sembra panoramico, ma durante il pranzo ne avevo adocchiato un altro e sono intenzionato ad andare a vedere se il mio intuito ha ragione o meno.

Caricati i vestiti ancora un po’ umidi, parto per un punto più in alto di Ortisei, dove penso ci sia la possibilità di bivaccare una notte in tranquillità.

Spingo letteralmente a braccia la bici per tre chilometri in salita, sotto gli sguardi incuriositi degli escursionisti di rientro.
Dopo una fatica immane, raggiungo il punto, ed è perfetto. C’è una splendida vista panoramica, un riparo in caso di pioggia ed un tavolo con una panca per mangiare comodamente seduti. Non potrei chiedere di meglio. Videochiamo a casa, anche per mostrare loro lo splendido panorama. Stendo i vestiti, ed inizio a preparare il campo. Non essendo la mia una tenda autoportante ci metto un’attimo per capire come legarla in maniera tale che non mi cada addosso durante la notte.
Solo più quattro persone mi vedranno prima che tramonti il sole. Non me ne preoccupo, perché il posto è abbastanza isolato, e difficilmente qualcuno verrà ad importunarmi durante il sonno.

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