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DAY #10: Passo Sella > Passo Pordoi > San Martino in Badia 51km

Gli svizzeri alle otto e trenta spaccate partono. Ci scambiamo gli ultimi saluti, e le foto fatte nella giornata di ieri. E’ stato piacevole incontrarli e passare qualche ora con loro. Io mi alzo con calma e smonto piano piano mentre anche la coppia francese si sveglia.

Antoine decide di far volare il drone, mentre Camille smonta il campo. Alle undici circa siamo pronti a partire. Io e Camille andiamo avanti mentre Antoine fa qualche ripresa aerea di noi che pedaliamo, lentamente, in salita. Arrivati in cima ci fermiamo per aspettarlo e ne approfitto per fare qualche nuova foto con un tempo decisamente migliore della tempesta di ieri sera.
Appena arriva Antoine iniziamo a scendere, e tra i vari tornanti scopriamo a malincuore aree picnic decisamente più riparate del nostro bivacco di ieri. Sarà per la prossima volta!

Arrivati in fondo alla discesa, cambio d’abito! Ci svestiamo per prepararci a risalire, per almeno sei chilometri, per raggiungere Passo Pordoi. Dopo poche centinaia di metri però mi rendo subito conto di avere pochissime energie residue. Siamo tutti evidentemente molto stanchi. Io, per la prima volta, chiudo la fila nonostante sia quello con il carico minore. Ci fermiamo alcune volte, per scattare qualche foto approfittando anche di uno scorcio di sole ed un bel panorama montano.
Fatichiamo davvero molto ad arrivare in cima, e dopo le foto di rito cerchiamo un ristorante dove poterci riposare qualche istante e mangiare un boccone.

Tra una portata e l’altra scopro che il cameriere è un ragazzo croato, arrivato qua oltre quindici anni fa per lavoro e da qui non si è più mosso. Essendo anche lui appassionato ciclista ogni anno organizza un’escursione in bici lungo tutta la costa croata fino a Medjugorie, importante meta di pellegrinaggio. Mi invita ad andare con il suo gruppo, dopo che gli dico che il mio itinerario per le vacanze dell’anno scorso prevedeva proprio quel tratto. E chissà che un anno non ci andrò davvero in Croazia, in bicicletta.

Espletate le formalità di rito pre ripartenza (pagare il conto al ristorante) ci rimettiamo in sella. Oramai mancano davvero pochi chilometri al momento di separarci. Tra circa dieci chilometri, nella cittadina di Arabba, io svolterò a sinistra per andare a vedere il lago di Braies, mentre loro tireranno dritto in direzione Passo Giau.
La discesa è un agognante conto alla rovescia. Ogni pochi chilometri i cartelli stradali mi dicono quanto manca al bivio. Sette chilometri. Cinque chilometri. Tre, due, uno. Mi fermo, centocinquanta metri prima della deviazione. C’è una chiesetta con un piccolo cimitero annesso, ed ovviamente c’è una fontana d’acqua nel parco giochi adiacente. Ne approfittiamo per fare rifornimento.

E’ il momento dei saluti. Tra due giorni incroceremo entrambi la città di Cortina d’Ampezzo. C’è la remota possibilità che ci possiamo rincontrare là, ma dipende dalle tempistiche. Ci lasciamo con un grande, lungo abbraccio. E la promessa di ritrovarci, una volta rientrati in Europa, a Milano come miei ospiti. Non vedo l’ora, da un lato, di ritrovarli. Sono una coppia stupenda, gentile ed educata. Auguro loro il meglio, e di trovare ciò che cercano lungo la loro strada che li condurrà in Nepal.

Riparto prima di loro, mi giro ancora una volta, l’ultima. Per me la strada riprende subito in salita, breve ma decisamente intensa. La mia prima salita mi conduce al Passo Campolongo, 1’875 metri s.l.m.
Mentre pedalo sto aspettando la risposta di un paio di WarmShovers ma una non arriva e l’altro mi risponde che non è a casa. Anche questa sera dovrò cercarmi un riparo dove montare la tenda.

Lo trovo, infine, venticinque chilometri più tardi, un posto per la notte. Un ponte in legno mi permette di attraversare il fiume che sto costeggiando. Sull’altro lato c’è un’area concerti in evidente stato di abbandono, ma con un palco in legno coperto, e circondato su tutti i lati da un bellissimo bosco. Ottimo per montare la tenda.
Proseguo poche decine di metri in perlustrazione, la strada finisce in un campo non coltivato poi nel fiume. A metà strada c’è una rimessa, con un tavolo da picnic e relativa panca: perfetto per la cena. Sento dei rumori a pochi metri da me. Vedo un figura marrone saltare una siepe e rapidamente tiro fuori il telefono e faccio partire il video. A meno di dieci metri ci sono due esemplari di capriolo devono avermi fiutato e si stanno allontanando. Li seguo qualche minuto con lo sguardo, non sembrano molto intimoriti dalla mia presenta.

Una (oramai più che deliziosa) pasta al tonno con spezie mi toglie la fame. Poi, quando inizia a sopraggiungere il buio, mi sposto nuovamente sul palco per iniziare a montare la tenda. Dopo una rapida occhiata intuisco non essere il primo ad aver avuto questa idea. Dei rami secchi messi trasversalmente a bloccare l’unica via di accesso al palco mi fanno capire che qualcuno è già stato qua, e molto probabilmente ci ha passato la notte. Passo con la bici, e poi ripristino lo sbarramento con un ulteriore pezzo di legno, oltre a quelli già presenti. Almeno gli animali dovrebbero stare alla larga.

Quanto tiro fuori la tenda, un fulmine a ciel sereno mi colpisce. La mia tenda non è autoportante, dove cavolo pianto i picchetti per farla stare in piedi? Maledico il momento in cui ho lasciato a casa la tenda autoportante per questa più leggera. Ma non mi perdo d’animo: le assi del palco presentano delle fenditure, e siccome il legno non è più di prima mano, dopo tutti questi anni alle intemperie e la mancanza di manutenzione, riesco ad incastrare due (di dieci) picchetti nelle fenditure. Due lacci li lego alla bici. Ne restano sei, e nel frattempo il sole è scomparso. Mi tocca accendere la pila frontale per vedere dove metto i piedi, cosa che avrei decisamente preferito evitare. Una luce accesa in mezzo al buio si nota da centinaia di metri di distanza.
Un cavo della corda lo lego al cerchione rotto che mi sto portando dietro da Bormio, e meno male che non l’ho lasciato là. La borsa da cucina diventa un ottimo contrappeso per un’altro cavetto di tensionamento della tenda. Riesco infine a incastrare ancora un picchetto, e lascio due ganci della tenda scollegati, questi non sono fondamentali per tenerla in piedi.
Non è perfetto, ma per una notte sicuramente reggerà. In ogni caso l’obiettivo di dormire al riparo dalla pioggia anche questa notte è stato raggiunto.

Scrivo ai ragazzi francesi, e mando loro la mia posizione. Anche loro hanno trovato un posto dove accamparsi per questa notte. Tempo zero e sono già tra le braccia di Morfeo.

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