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DAY #11: San Martino in Badia > Dobbiaco 110km

Mi sveglio con la tenda bagnata, come al solito. Il fatto di aver dormito nei pressi di un fiume di sicuro non mi ha aiutato. Inizio a slegare i vari tiranti della tenda legati qua è là. Nonostante il buio di ieri, sono tutto sommato soddisfatto del mio lavoro.
Riapro il varco della pedana di accesso al palco, spostando i rami a lato. Asciugo come meglio posso la tenda, e poi con la calma di un bradipo inizio a ripiegarla per metterla via.
Non ho niente da mangiare, per cui devo fermarmi al primo bar che incontro sulla strada.

Strada che è praticamente tutta in discesa, per cui procedo abbastanza speditamente. Al primo bar che incontro accosto e scendo dalla bici.
Ci sono due signori in divisa che parlano una lingua che nono riesco decifrare. La barista, che mi prepara il cappuccino mi dice, al momento di pagare, che è un dialetto che si chiama “ladino” molto diffuso in queste zone.

Riprendo a pedalare in direzione Brunico, la statale che sto percorrendo presenta moltissime gallerie, le quali hanno una variante esterna. Appena lo noto, attraverso la strada ed inizio a pedalare lontano dal traffico. Purtroppo però, a metà, una frana mi impedisce di proseguire per cui devo tornare indietro e riprendere la statale.
La galleria successiva ha nuovamente la strada esterna, mi butto di nuovo sull’altro lato della strada. Il segno di alcune mountain bike mi lascia ben sperare. A sto giro c’è solo un pino abbattuto in mezzo alla strada che riesco ad aggirare alzando la parte posteriore della bici sopra il tronco.

Continuo per diversi chilometri così, in un paio di occasioni ancora dovrò tornare indietro e riprendere la statale, in un altra riesco ad accorciare utilizzando un tunnel di servizio della galleria stessa, che stavo cercando di evitare.
Esco così a metà galleria, ma con un gradino da fare per tornare a livello della strada perdo qualche minuto per aspettare il momento propizio per tornare sul lato destro della carreggiata.

Arrivo a Brunico, e ne approfitto per fare un giro in città: una coppia di cicloviaggiatori sta pranzando su una panchina in mezzo ad una piazza. Un scolaresca in bici percorre la ciclabile lungo fiume guidata da un animatore.
Tantissime persone girano con la bici elettrica su e giù per il fiume.
Mi fermo qualche minuto per scrivere a qualche WarmShower lungo il mio tragitto. A Brunico non mi rispondono, mentre un ragazzo di Dobbiaco non è a casa ma mi consiglia una zona dove potrei bivaccare durante la notte.

Riparto, direzione Lago di Braies. Dovrò percorrere una deviazione di circa quindici chilometri per raggiungerlo: ovviamente in salita.
Come me, moltissimi turisti con le bici elettriche stanno percorrendo questo tratto per raggiungere il lago. Ad un certo punto una coppia è ferma all’inizio di una salita con una notevole pendenza. Li supero in piedi sui pedali e noto che anche le loro bici hanno il motorino. Sono davvero uno dei pochi ad arrivare al lago con una bici “muscolare”.

Arrivato al lago trovo una marea di gente. Una linea infinita di biciclette è parcheggiata sulle rastrelliere, a pochi metri dal lago. Lo spazio non è sufficiente, ed alcune sono legate insieme, altre ad alcuni pali lì vicino. Parcheggio a pagamento per le auto e delirio di gente tutto intorno: non credo rimarrò molto.
Mi muovo in direzione dello specchio d’acqua che dalla posizione in cui mi trovo è ancora coperto da un grosso edificio che fa da ristorante. Lo aggiro sulla destra, ed eccolo uno specchio d’acqua azzurro chiaro. Posso notare la processione di gente che cammina sul sentiero che lo costeggia. Alcune imbarcazioni a noleggio galleggiano pigramente in mezzo al lago.
Mentre spingo la bici nella fiumana di gente, noto due cicloturisti venirmi incontro. Sono tedeschi, ed il secondo, dopo aver ricambiato il saluto, si ferma a chiacchierare un po’ con me. Gli chiedo dove sono diretti, e dove dormiranno, per capire se ci sono dei potenziali posti per la notte. Ma loro si fermeranno in un campeggio poco distante. Discorriamo tranquillamente per una decina di minuti e poi ci salutiamo.

Proseguo per un centinaio di metri e trovo uno spiazzo, ed una panchina libera. Due famiglie di Roma hanno appena finito il giro e commentano ad alta voce il caro vita della zona, ed in particolare modo di Cortina d’Ampezzo, la città presso la quale stanno soggiornando durante le loro ferie. Mi faccio qualche risata ascoltando i loro discorsi, non potendo fare a meno di sentirli visti che si sono seduti sulla mia stessa panchina.
Il volto delle figlie è leggermente imbarazzato perché si rendono conto che anche degli sconosciuti stanno ascoltando, ma i genitori continuano non curanti a raccontare le loro storie.
Prima di andare via, in ogni caso, mi salutano tutti educatamente, come se avessi fatto parte dei loro racconti.
Mi fermo ancora diversi minuti a contemplare il lago, con la gente che fa una marea di foto, pochissimi temerari che fanno il bagno nell’acqua fredda e un pilota che fa volare il suo drone sulle imbarcazioni a remi.

Il telefono non prende, per cui ne approfitto per aggiornare il mio diario di viaggio e rilassarmi. Finché non è nuovamente ora di inforcare la mia Xena.
I primi dieci chilometri sono, ovviamente, tutti in discesa fino alla deviazione con la statale che mi condurrà verso Cortina. Viaggio da ieri principalmente su piste ciclabili o strade a bassa frequentazione (o traffico limitato) il che rende la giornata meno faticosa, rispetto a pedalare tutto il giorno su statali e doversi costantemente guardare le spalle.

Raggiungo Dobbiaco e lo supero. Sul lago un enorme campeggio si staglia sul fianco destro. Dal campeggio entrano ed escono auto e biciclette in continuazione. Il pensiero di fermarmi mi passa per un millesimo di secondo nella testa, ma sto bene, è presto e posso provare a raggiungere il lago di Landro, suggeritomi via messaggio dal ragazzo che non mi ha potuto ospitare a Dobbiaco. Continuo a pedalare sulla ciclabile che a tratti è sterrata. Supero un vecchio cimitero di guerra dove riposano numerosi soldati dell’impero austroungarico, oggi curato da una associazione privata austriaca, formata da parenti delle vittime della Grande Guerra.
Le zone che sto attraversando, infatti, sono state teatro delle più feroci battaglie durante la Prima Guerra Mondiale. Guerra in cui, il maggior numero di vittime è stato causato dalle difficili condizioni atmosferiche: dal gelo, dalle frane e dalle valanghe, piuttosto che dall’artiglieria nemica.

Quando sono a meno di due chilometri dal lago di Landro vedo una sagoma in miniatura delle Tre Cime di Lavaredo. E’ un punto panoramico, al centro di una vallata tramite la quale si riescono ad ammirare tutte e tre le vette. Ma oggi la giornata è particolarmente nuvolosa, per cui solamente due sono visibili. Faccio un paio di foto, ma mi riprometto di tornare domattina se il tempo è migliore.

Raggiungo finalmente il lago di Landro, ed avendo visto su Google Maps che c’è un ristorante, entro diretto per chiedere se posso cenare. La cameriera mi mette subito pressione dicendomi che la cucina sta chiudendo, ma siccome ho molta fame mi bastano pochi minuti per scegliere dal menù.
Mangio e torno indietro: avevo notato una fontana nei pressi di un’abitazione chiusa e ne voglio approfittare per farmi una doccia. Riempio la doccia portatile fino a metà (può contenere sino a dieci litri di acqua) e mi avvio su un sentiero sterrato che si addentra in mezzo a bosco. Trovo il mio angolino perfetto per la notte, butto a terra il telo sotto tenda ed inizio a piantare i picchetti. Dopo pochissimi istanti un tirante della tenda è invaso di formiche. Accidenti, non avevo visto. Faccio un rapidissimo sopralluogo in zona: di punti in piano, nascosti e privi di insetti non è che ce ne siano molti. Mi traferisco pochi metri più in là, facendo attenzione a non mettermi su un altro formicaio.

Mangio con calma, poi mi faccio la doccia (sempre con saponi biologici e che non inquinano) e mi metto finalmente a dormire. Un cielo stellato da paura mi tiene compagnia finché non crollo.

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