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DAY #9: BRINJE > PLITVICKA JEZERA 60 KM

Riparto con estrema calma. Il percorso ideato e sviluppato con Komoot mi porta su strada di campagna, dove già dalle sei di mattina incontro gente che lavora nei campi e falcia l’erba dietro casa. Il primo bar che incontro sul mio cammino è chiuso, anche se doveva essere aperto dalle 6.

Mi lascio trasportare da questa strada semi deserta, dove solo le mucche allo stato brado e gli scoiattoli che mi tagliano la strada mi tengono compagnia. Ad un certo punto, in prossimità di una fattoria isolata, vedo un grosso cane bianco camminare tranquillo, e sento dei cani abbaiare ma non riesco a vederli. Decido quindi di staccare in anticipo i piedi dai pedali. I cani sono degli splendidi cani da caccia chiusi in una gabbia (alla mia sinistra) che non mi danno preoccupazioni ma il maremmano arriva abbaiando e ringhiando di corsa sulla mia destra.

Salto giù dalla bici: capisco di non essere in pericolo, ma mi ci vorrà del tempo per uscire da questa situazione. Il grosso maremmano tenta di aggirare la bici che precauzionalmente ho messo tra di noi. Io salto con un balzo la bici e mi posizione sull’altro lato. In lontananza arrivano i proprietari, evidentemente indaffarati con gli animali nella stalla, e nel richiamare il loro cane mi fanno capire che lui non ama le bici. E grazie al cazzo penso io.

Dopo qualche chilometro la splendida strada di campagna diventa sterrata. E così continuerà per diversi chilometri. Alternando stupendi tratti pianeggianti a salite da spezzare il fiato a discese traballanti e dall’equilibrio precario. Ci impiego cinque ore, di cui tre e mezzo in movimento. Non incontro nessuna macchina, men che meno case. Se non fosse per la strada sterrata e qualche albero abbattuto, dell’uomo nessuna traccia. Solo qualche animale selvatico in lontananza che scappa appena avverte la mia presenza.

La strada è stupenda, completamente immersa nel verde. Un’amica mi chiama, e mi metto le cuffie per continuare a pedalare mentre sono al telefono. Le descrivo così lo scenario:

Sono in mezzo ad una foresta maestosa, con alberi dai larghi ed alti tronchi. Sto pedalando su un bello sterrato, immerso completamente nel verde. Di tanto in tanto un ruscello o un fiumiciattolo sbarrano la mia strada, e posso solo intuire in lontananza la presenta di alcuni animali del bosco, chiaramente infastiditi dal mio passaggio in quanto per nulla abituati alla presenza dell’uomo.

Ad un certo punto, seguendo la traccia, imbocco un sentiero il quale ha bene in evidenza un divieto di transito. Capisco di essere vicino all’inizio del parco ma la discesa che mi si para davanti è troppo invitante per fermarmi. Dopo un po’, però, la strada diventa parecchio spaccata e decido di rallentare e fermarmi per consultare meglio la mappa. Lo scenario che mi si para davanti è il seguente: sono appena entrato nel Parco Nazionale di Plitvice, da una strada secondaria la cui sbarra era aperta (nonostante il divieto). Se dovessi proseguire per questo sentiero mi ritroverei esattamente all’interno del parco (il cui ingresso è a pagamento) e dovrei poi spingere la bici su rampe e passerelle in legno, magari con la presenza di decine di turisti. Per un attimo l’idea di entrare abusivamente nel parco mi stuzzica, ma dopo un po’ la parte sana del mio cervello prende il sopravvento e decido di tornare sui miei passi, spingendo la bici. Non voglio affaticarmi troppo, visto che non so come possa essere il sentiero da qui in avanti. Controllando le strade alternative noto che l’unico modo è rientrare nell’ultimo tratto, su una strada asfaltata provinciale, sperando non ci sia troppo traffico.

Proseguo sullo sterrato per qualche centinaio di metri e mi collego alla strada 42 che mi accompagna dolcemente e con pochissime macchine al Parco Nazionale. A questo punto studio un po’ la situazione, e mi consulto con mia sorella a casa. Entrare al parco di pomeriggio mi sembra un po’ un peccato e non visitarlo, visto che sono arrivato sino a qui mi pare stupido. Optiamo quindi per una pensione e poche centinaia di metri dall’ingresso principale del parco, la quale mi permette di mettere dentro la bici.

Dopo essermi accomodato, docciato e cambiato faccio due passi verso il parco per vedere come dovrò muovermi l’indomani mattina. Mangio qualcosa al ristorante del parco nonostante sia tardo pomeriggio e torno indietro. Approfitto del ristorante della pensione per un paio di birre ed un gelato prima di rientrare a dormire.

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